SIMONA DELL'UNTO
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L'Officiel Hommes Italia #9

(15'28'') Ermenegildo Zegna // Particolari // Il teorema Canali // Bat - Evolution

L'OFHIT

(15' 28'')

Scivolano veloci le dita esperte su un pianoforte. Scendono rapidi i tessuti che morbidamente si adagiano, si arrotolano e si arrampicano su capi che avvolgono figure agili ed eleganti, trascinate dal ritmo incalzante di un vortice concentrico. Due rette si incontrano a chiudere il cerchio. La tradizione delle note dolci si unisce armoniosa all'innesto di una macchina industriale, incessante frutto del grigio del metallo . Il fulcro nevralgico si identifica in un nome: Stefano Pilati per Ermenegildo Zegna S/S 14.


PARTICOLARI

L'OFHIT

LICONI // ALESSI

Le Montagne sono lo scenario lo scenario più mutevole che esista. Si resto spesso affascinati da come si trasformino secondo l'inclinazione del sole che le illumina: quando è alto in cielo, sembrano essere luoghi idilliaci, nemmeno appartenenti alla Terra. Quando il sole cala, le cime si fanno minacciose, imponenti e glaciali, e nell'ombra si coglie la fusione degli elementi naturali e di come questi si completino a vicenda. La rapida discesa dei monti nella vallata sembra correre veloce come in un dirupo, per poi sgretolarsi e sciogliersi in uno specchio d'acqua immobile, dove non è chiaro se le vette sorgano o muoiano. Una poesia naturale che, vista dall'alto, sembra quasi poter essere afferrabile nella sua interezza, come questo oggetto di decoro in acciaio, chiamato Liconi e targato Alessi, che racchiude in sé la catena del Monte Bianco, il Gran Paradiso e il Dente del Gigante, a circondare uno specchio d'acqua ghiacciato. 

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ROLLER CLASSIC COURT // SAINT LAURENT BY HEIDI SLIMANE

Una palestra dove per molti giorni si era perso il conto delle ore in cui si giocava a basket, correndo senza sosta. Nei ricordi, non vi erano né la competizione, né l'eco del rimbalzo veloce del pallone o il fischio che le scarpe da ginnastica provocano per un cambio di direzione in corsa. Quei suoni echeggiano nella mente di chi ha passato di giorni a seguire i palleggi e i rimbalzi, e oggi, si ritrova a vedere gambe veloci che schizzano sull'asfalto, girano e saltano, indossando pattini in pelle che ricordano gli anni in cui le scarpe da ginnastica alla caviglia erano d'obbligo in partita e, per fermarsi all'improvviso, bisognava far fede solo sulle punte dei piedi. Tutte queste sensazioni sono raccolte nella reinterpretazione i Roller Court di Saint Laurent by Heidi Slimane, dove rivivono emozioni passate di rumori ipnotizzanti. 

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LENSES 101 // PRADA

La cosa più affascinante del ghiaccio è la sua trasparenza. Immortala i movimenti dell'acqua poco prima che si congeli. E' come se usasse un calco per riprodurre le forme del luogo dove si crea. La sua purezza ferma e svela un momento, un oggetto, una superficie, come una lente d'ingrandimento da usare per scoprire parti del mondo poco note. Proprio questa lente perde le linee di confine nette che generalmente  ha, sfumando la visione del mondo, abbracciando i nostri occhi con una cornice particolare: un acetato bombato reso cangiante dalla miscela dei toni del nero e della grafite, che improvvisamente si spezza e lascia la lente libera da qualsiasi costrizione di forma e colore. Alla vista non è come un taglio, ma il morbido scioglimento di una lastra di ghiaccio che svela la nuova visione della realtà attraverso l'identità di Prada. 

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ROCKSTUD // VALENTINO GARAVANI

Il ricordo di quelle mattine fredde e piovose, oltre alla fretta, è legato alle cinghie che stringevano i miei libri. A posteriori avrei invidiato molto le cartelle che poi seguirono, perché mi avrebbero risparmiato lo sconforto di vedere la pioggia battente bagnare i volumi da portare a scuola. Per me, quelle cinghie in pelle, erano spesso motivo di riflessione. Mi soffermavo a pensare a come si sarebbe potuto evitare un tale increscioso inconveniente: pagine e pagine inondate d'acqua. In fondo sarebbe bastata altra pelle dove avvolgere i libri, o una lavorazione a strati, per creare una clutch tripla, retta da cinture esterne e decorata con una banda a contrasto. Sarebbe bastato un nome: Valentino Garavani. 

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HIKING // Hermès

I passi si facevano sempre più pesanti, spostando terriccio, polvere e distanze. Nel momento della fatica, lo sguardo rimaneva fisso al suolo e si riempiva di quel colore mattone e di quella terra percorsa fino alla cima. Lo scorcio brullo era ritmicamente interrotto dai passi di un uomo che proseguiva per la sua strada. Passi lunghi, la sequenza perfetta, suggeriva quasi una dura melodia militare. Si alternavano, prima a destra, poi a sinistra, mantenendo un ritmo incessante e crescente. L'andatura insisteva molto sui talloni, sfruttando al massimo la suola in gomma: le caviglie erano tenute al sicuro e ben salde, perché avvolte nel doppio strato di pelle scura  di queste calzature pensate da Hermès per una fuga in montagna. I passi svelti si fermano, lo sguardo si alza e la fatica si perde nella vista del panorama. 

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TIGER EXPLORE XC // TRIUMPH

Una retta nera schizza veloce seguendo il flusso dei tornanti di montagna. Un'avventura nella corsa, un viaggio unico che taglia il vento e si piega in curva, accarezzando il terreno con gli pneumatici. I suoi raggi di acciaio sembrano rimanere immobili, se fissati insistentemente nel loro ruotare senza sosta. La linea sinuosa appare un tutt'uno con la strada che attraversa. Imo del motore rompe il silenzio che attraversa. Il rombo del motore rompe il silenzio di quest'oasi naturale, fatta di morbide curve che si perdono e confondono tra i fitti alberi. La retta nera continua a correre incessante, quasi a voler tracciare lei stessa la strada di quel monte, nel tentativo di ridisegnarla. Due ruote a completare un corpo scuro, imponente, che attraversa quei luoghi, tra le curve e la macchia di fitta natura. Come se la Triuh Tiger Explorer XC fosse sempre vissuta lì.

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BLOUSON // DIOR HOMME

Figure atletiche si stagliano in gruppo in uno scenario urbano nebbioso. I toni del grigio si uniformano alla corposità della lana, attraverso forme rigide, squadrate, rigorose. Uomini forti, quasi eroici, stretti in giacche segnate, vissute, fatte proprie. La nebbia svela uno scintillio nelle sue tenebre. Un dettaglio che illumina ed esalò la forza del viaggio e del tenere stretto a sé, come in una morsa, ciò che non si vuole perdere lungo il tragitto. Una chiusura metallica, argentata, a fissare quella lana, come fosse l'armatura di un esercito raffinato e quasi surreale: Dior Homme.  

 

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CENTO USI // LANG

La passione per la montagna ossessionava la mia famiglia da generazioni. Non avevo seguito le orme dei miei antenati, non avevo mai fatto escursioni, né arrampicato nel tempo libero. Proprio per questo chiesi a mio nonno di regalarmi quell'oggetto affascinante che portava sempre con sé nelle giornate trascorse tra natura e alte vette: il suo coltello multiuso, disegnato da un vero estimatore, il Signor Lang. Era una fonte di soluzioni certamente elegante a vedersi grazie alle guance in madreperla. Mi piace pensare di essere u esploratore della mia stessa vita e così non perdo occasione per sfruttare le virtù di u'accessorio nel mio quotidiano. Posso dire di possedere un apriscatole, un cacciavite, cavatappi, un portachiavi, delle forbici e diverse lame. Tutto questo in un piccolissimo, prezioso spessore, riprodotto in pochi esemplari. In vendita da Coltelleria Lorenzi.  

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METAL CLUTCH // LANVIN

Il mondo scorreva tra le mani di quell'uomo. Lui lo teneva saldo a sé, come a non volerlo lasciare. Lo specchio ondeggiava insieme ai suoi passi mostrando agli altri ciò che lo circondava. Qua sudicie riflettente non raccontava mai quel che vedeva perché, nel tentativo di scrutarla, l'uomo scorgeva solo sé stesso. Decise così di farsi accompagnare da quello specchio squadrato, per fare in modo che la realtà circostante potesse guardarsi, trovando un po' di sé nella figa distinta che afferrava la clutch. Al suo interno, il mondo privato di quell'uomo, fuori il racconto dell'universo altrui in un gioco di riflessi ideato da Lanvin. 

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BAMBOO // GUCCI

Una pianura quasi invalicabile, dove lo sguardo si perde, confuso tra i vicinissimi bambù che si schierano in file regolari. Una fortezza naturale che nasce da una pianta invasiva e conquista la terra facendola propria con la nascita di alleati tutti uguali, identici, magnetici. Un'invasione silenziosa a creare un fortino inespugnabile. Questa l'idea che pervade la mente camminando per la fredda giungla urbana, afferrando saldamente il manico in bambù di uno zaino, custode della nostra vita quotidiana nella sua preziosa pelle nera e nelle sue svariate tasche. L'idea della ricchezza di un tesoro nascosto che nasce dall'antica tradizione di Gucci. 


IL TEOREMA CANALI

CANALI LOHI

Le regole e i teoremi possono essere letti come restrizioni, vincoli e limiti o come marchi di fabbrica e unicità. I dettami della moda maschile sono ciò che rende affascinante una figura elegantemente vestita in tessuti ricercati, definita da tagli precisi e arricchita da morbidezze studiate, ma in apparenza del tutto spontanee. Questa vestibilità - rigorosa nella sua produzione e del tutto naturale una volta indossata - è il motivo scatenante di una passione: la mia per l'esattezza. Volevo fare il sarto e sognavo di vivere tra montagne di tessuti, filati e macchine da cucire. Il mio sogno era di portare alto un nome che rappresentasse la tradizione italiana, quel quid aggiuntivo con cui ero nato, e che nessuno mi avrebbe potuto insegnare. Potevo imparare a indirizzarlo in un settore ma, certamente, nessuna scuola, né esercizio sarebbero stati in grado di donarmelo. Fu quello il momento in cui varcai la soglia di un edificio moderno e silenzioso da fuori, elegante nel suo imponente minimalismo scuro fatto di vetrate e di geometrie perfette a incorniciare un nome unico, che portava con sé un l'eco dell'immensa eredità di una famiglia. Quello che dal guscio sembrava un'oasi di pace, al suo interno svelava un rumore ipnotico, come una sinfonia che introduce ad un grande spettacolo. Nella mia mente il sarto è sempre stato il direttore di un'orchestra dalla musica incalzante, che accompagna la severa forgiatura di un capo verso la perfezione. Tutto si preparava per la messa in scena e trovava il punto di partenza nell'arrivo di enormi quantità di tessuto provenienti per la maggior parte da Biella, un nome testimone anch'esso di profonda italianità. La cosa affascinante fu scoprire che non ci si limitava ad acquistare rotoli di filati preconfezionati, ma esisteva un ufficio interno che studiava, insieme al distretto, delle mischie di fibre preparate in esclusiva per quella famiglia. Un'altra sorpresa fu vedere che c'erano tantissime persone che svolgevano scrupolosamente la mansione per cui erano state addestrate dalla scuola interna. Sì, addestrate: perché solo di questo si tratta quando si vuole annullare qualsiasi margine di errore. Un obbiettivo dettato da una sola parola, ricorrente alla fine di ogni fase: controllo. Tutto era ispezionato, passaggio dopo passaggio, cucitura dopo cucitura. Un monitoraggio che avveniva grazie all'occhio esperto che analizzava, centimetro per centimetro, quei metri di tessuto, segnalando eventuali difetti con colori diversi come in un semaforo, dal verde al rosso. Il risultato erano rotoli enormi accatastati, pieni di targhette, pronti per essere tagliati. Nella mia immaginazione questo momento era caratterizzato da forbici che veloci seguivano delle guide. Nella realtà c'era una punta di diamante che intagliava il tessuto seguendo delle matrici di taglio, disegnate a mano e perfettamente incastrate come in un mosaico, a sfruttare al massimo le tele a disposizione. Davanti ai miei occhi, telecamere e operatori attenti controllavano le superfici su piattaforme mobili, regalano uno spettacolo quasi futuristico e stupefacente per la sua precisione. I destinatari di questa montagna di pacchetti erano coloro che avrebbero portato avanti lo spettacolo attraverso imbastiture, cuciture e rifiniture: il reparto produttivo. Se fino ad ora il rumore delle macchine era ipnotico, adesso potevo parlare di un coro incalzante: ero nell'apice della storia. Capii che il protagonista della messa in scena non era il risultato finale, quanto la sua anima interna chiamata canvas. Era il vero e proprio scheletro della giacca, ciò che avrebbe donato la sua forma impeccabile. Un'impalcatura bianca modellata su necessità e dietro indicazione del cartellino che accompagnava il pacco regalo giunto nel dipartimento. Tutto poi cominciava ad assumere un senso attraverso le tredici fasi necessarie per comporre il capo. Tocchi leggeri, dita abili e rapide scorrevano tra tessuto, canvas e fili, unendoli su una superficie insolita a schiena d'asino, che riproduceva le curve del corpo. La parte anteriore della giacca passava tra le varie postazioni, ognuna responsabile della propria mansione, guadagnando un dettaglio, di tavolo in tavolo. L'abilità delle mani delicate era quasi surreale e non faceva trasparire la difficoltà e la dedizione necessarie per raggiungere quel risultato. Dalla segnatura del taschino, all'applicazione delle lentezze che consentono di ottenere una vestibilità perfetta, tutto si compone fino al momento dell'imbastitura della paramontura dove, per la prima volta, l'anima della giacca, il canvas, si incontra con il tessuto esterno. Da qui un crescendo: il collo assume la sua forma grazie a un esercizio di dita e fustelle, le spalle e le maniche vengono lavorate separatamente attraverso una complessa cucitura a giro, per ambo i lati, fino a unirsi facendo forza sulle due ossa portanti: il rollino, che riempirà il giro manica, e le spalline, uno spessore sapientemente modellato che dovrà sparire alla vista, una volta indossato. La giacca è pronta per essere immersa in una catena di stiro che, come una nuvola di vapore, avvolge il capo e gli imprime la sua forma ideale grazie all'uso di sagome anatomiche per il busto e all'arte della cassura, una tecnica a metà strada tra stiratura e sensibilità del tocco, a forgiare il collo in un giro perfetto. Il gran finale è lì, appeso a una gruccia. L'ultimo tocco è svelto, quasi sognante: è la firma d'autore di un luogo che ha confermato il mio sogno. Il marchio di un metodo di lavoro e di una tradizione tutta italiana: Canali. 

Canali

BAT - EVOLUTION

BAT - EVOLUTION

L'odio profondo per i fuorilegge e il male che diffondono nella società sono gli elementi comuni a tutti gli eroi. Da qui una volontà: proteggere e aiutare le persone in pericolo. Alla base ci fu la paura di Bruce Wayne, il paladino oscuro che, una notte, quando in lui era ancora vivo il ricordo dell'omicidio dei genitori per mano di un ladro, fu attaccato da un pipistrello. Ne fu talmente terrorizzato da usare quell'animale come suo baluardo, sperando di incutere timore ai criminali. Decise così di investire denaro in una divisa: il bat-suit, una vera e propria macchina da guerra che avrebbe valorizzato le sue straordinarie capacità fisiche e che si sarebbe affinata avventura dopo avventura. Una tuta strettissima, completamente grigia, che con gli anni diventerà come uno scudo, quasi marmoreo, a proteggere il supereroe da esplosioni e temperature disumane. Una cromia omogenea interrotta solo da alcuni elementi che si trasformarono, poi, nel fiore all'occhiello di tecnica e potenza. Come ogni pipistrello che si rispetti, anche il signor Wayne doveva possedere il biosonar, in natura nelle orecchie dei volatili, per lui nel cappuccio: un'aderente maschera blu notte, con stupefacenti funzioni, che lasciava scoperta solo la bocca. Il principio naturale dell'eco-localizzazione si accompagnava così a uno strumento con speciali visori - raggi x per vedere attraverso le superfici - e un infallibile congegno di controllo mentale. Un biglietto da visita che, con lo scorrere del tempo, non mutò se non per semplici vezzi di tinte e dimensione delle orecchie appuntite . Una caratteristica unisce questa maschera agli speciali guanti ideati: un gas tossico che si sprigiona nel caso in cui l'uomo sia privo di sensi e pericolosamente attaccato da un nemico. Le mani del supereroe furono in principio avvolte in guanti viola, poi azzurri, terminanti al polso. Nel giro di quattro anni furono perfezionati con l'aggiunta di lame laterali che salivano fino al gomito e si accompagnavano a strettissimi stivali in gomma a metà polpaccio, adatti a qualsiasi superficie e capaci, addirittura, di nascondere fucili. Proprio le armi sono uno strumento tanto affascinante, quanto unico. Contenute nella batcintura, non sono catalogabili, dato il continuo ricambio. Armi custodite all'interno di una guaina oro saldamente fissata in vita, decorata dal suo bat-stemma come fibbia o declinata in nero a totale scomparsa con la tuta, ormai divenuta armatura. L'agile figura doveva avere però della ali per portare alto quel nome di uomo pipistrello. Affascinato dai disegni delle macchine volanti di Leonardo Da Vinci, il signor Wayne ne trasse ispirazione per disegnare il suo mantello. Un lungo drappo nero, con iniziale fodera a contrasto azzurra, una doppia colorazione poi abbandonata negli anni per fondersi sempre più con l'oscurità della notte. Il rivestimento in kevlar garantiva una planata perfetta e una discesa a tutta velocità fino a diventare, dopo aver subito attacchi quasi mortali, una sorta di scudo capace di schivare qualsiasi proiettile. Con il passare del tempo e l'aumentare dei nemici, il signor Wayne decise di mimetizzarsi con le tenebre, senza dimenticare però la sua attenzione per lo stile e la continua voglia di cambiamento. Seguendo i suoi gusti e la passione per il rinnovamento d'immagine, studiò un'ultima versione del suo bat-suit, nata per l'inverno e rimasta immutata: un total black senza precedenti. L'abito si fece così tutto nero, sempre più forte e indistruttibile, ma con una luce che si imponeva sul cielo di Gotham City e sul petto: un pipistrello stilizzato incorniciato da un ovale giallo, quasi un occhio di bue che si accende sul palco quando arriva il protagonista, Batman.